venerdì 4 maggio 2007

Sette parole d’ordine per una nuova crociata. L’ideologia americana nel nuovo libro di Domenico Losurdo

di André Tosel, in corso di pubblicazione su "l'ernesto", 1/2007
Domenico Losurdo ha aggiunto una nuova pietra a quella decostruzione critica del pensiero e dell’ideologia liberali che la sua ricerca persegue ormai da anni. Questo lavoro aveva trovato un’esposizione sistematica nella Controstoria del liberalismo, pubblicata nel 2005 da Laterza: un testo che aveva per oggetto la storia e le forme contraddittorie del pensiero liberale, il cui universalismo di principio si rivelava strutturalmente lacerato da clausole d’esclusione che depennano dalla categoria universale di uomo sia i lavoratori salariati e i popoli coloniali da assoggettare al lavoro, sia le razze inferiori incapaci del lavoro civilizzato e perciò destinate a scomparire dalla faccia della terra. In questo nuovo libro, Il linguaggio dell’Impero. Lessico dell’ideologia americana (Laterza 2007, pp. 323, 20 €), si tratta invece di smontare l’ideologia americana, che mescola in modo inestricabile elementi liberali, analisi puramente reazionarie e posizioni belliciste costitutive del pensiero dominante dell’Impero, e che giustifica la propria politica di dominio globale facendo appello alla difesa dell’Occidente. Il riferimento nel titolo del libro al Marx dell’Ideologia tedesca rivela la dimensione critica della ricerca di Losurdo: il suo bersaglio è una nuova «ideologia della guerra» che s’impone come visione ufficiale del mondo e tende a divenire senso comune per larghe masse di popolazione.

Una sorta di dizionario illuministico

Losurdo si ispira qui alla tradizione illuministica degli agili dizionari ovvero delle enciclopedie tascabili che nel Settecento demolivano la concezione assolutista e feudale del mondo. Si pensi a Helvétius, d’Holbach, Voltaire, Diderot. L’argomentazione della sua polemica prende infatti la forma di un’analisi linguistica: il linguaggio dell’Impero è un lessico incentrato su alcune categorie, attorno alle quali ruota l’ideologia dominante nell’epoca della mondializzazione capitalistica. Queste categorie («terrorismo», «fondamentalismo», «antiamericanismo», «antisemitismo», «antisionismo», «filoislamismo», «odio per l’Occidente») sono però altrettanti «bandi di scomunica» mediante i quali l’Impero cerca di mettere a tacere ogni critica nei propri confronti.
A partire dall’11 settembre 2001 l’ideologia americana si è mobilitata per identificare nuovi nemici che sostituiscano il defunto comunismo sovietico, accusandoli di opporsi all’egemonia mondiale dei diritti dell’uomo, della democrazia parlamentare e del mercato capitalistico. Questi nemici sono però infinitamente più vaghi di quello precedente: sono «terroristi» che combattono la supremazia americana, nutrendo il loro fondamentalismo islamista di un antiamericanismo eguagliato soltanto dal loro antisemitismo e antisionismo. Essi sono i nemici giurati della sola civiltà che valga: la civiltà occidentale, la democrazia capitalistica.
Per gli USA, le diverse specie di nemico si equivalgono e si implicano reciprocamente. Chiunque condanni la politica egemonica dell’Impero è un terrorista in potenza. Chiunque critichi la politica israeliana nei confronti dei palestinesi, facendo valere il diritto di questo popolo all’indipendenza e alla terra, è un antisemita che si auto-esclude dall’Occidente. Chiunque esiga che l’islam venga analizzato con rigore e colleghi l’attuale fondamentalismo alla colonizzazione subita dai paesi di religione islamica è un filoislamista e un terrorista. Chiunque si preoccupi di separare la giusta rivolta contro il dominio imperialista dalla deriva fanatica in atto nel mondo musulmano, facendo notare come solo tale distinzione permetta di prevenire il ricorso al fondamentalismo da parte degli oppressi, ecco, costui diviene un complice del fondamentalismo e un fautore indiretto del terrorismo, che occorre a sua volta terrorizzare.
Questo sistema ideologico circolare ha per effetto, ovvero per obiettivo, la neutralizzazione del pensiero critico. Esso prepara la mobilitazione degli spiriti per una nuova Crociata dell’Occidente contro la civiltà islamica, che appare, in ultima analisi, come il contrario della civiltà e cioè come l’anti-civiltà della barbarie antiamericana e antioccidentale. L’ideologia americana diventa in tal modo un’ideologia della guerra globale, preventiva ed effettiva, che la politica degli Stati Uniti secerne al fine di condurre e legittimare, in nome della democrazia capitalistica, una politica di dominio sulle risorse energetiche mondiale e di controllo dei popoli.
Con impareggiabile maestria, Losurdo mette in pratica un metodo di analisi storica e comparativa, seguendo le diverse configurazioni in cui si presentano le sette categorie ovvero i sette ideologemi citati. Muovendo dagli inizi dell’età moderna, egli prende in considerazione le forme da essi assunte non solo negli Stati Uniti, ma anche in Inghilterra, Francia, Germania, Russia. Chiarisce dettagliatamente in che modo ogni ideologema si è formato, a quali obiettivi esso mira e attraverso quali vicende è entrato a far parte dell’ideologia americana. Ogni elemento del lessico è sottoposto così ad una sistematica decostruzione,. Per indicare la ricchezza del libro, bastano alcuni esempi.

Categorie ideologiche e metodo storico-comparativo

Per quanto riguarda il terrorismo, Losurdo dimostra come si tratti di una categoria puramente polemica. Il terrorismo può assumere diversi significati. E’ in primo luogo il ricorso alla violenza armata da parte di gruppi subalterni e oppressi, i quali non hanno altri mezzi a disposizione per fare valere le ragioni del proprio popolo: è il caso delle guerre di liberazione nazionale, che assumono solitamente la forma della guerriglia e della guerra partigiana. A queste lotte i gruppi dominanti rivolgono sistematicamente l’accusa di terrorismo. Sennonché, a guardar bene c’è un terrorismo di portata ben maggiore, e cioè il terrorismo militare delle grandi potenze. Esse non esitano a bombardare senza necessità strategica le popolazioni civili, come a Dresda nel 1944, o a utilizzare la bomba atomica come hanno fatto gli Stati Uniti a Hiroshima e Nagasaki. Dal punto di vista delle vittime, terroristiche sono anzitutto proprio le potenze militari che le annientano. Certo, in situazioni disperate il terrorismo dei popoli oppressi può alimentarsi di sogni religiosi e fanatici, ma questo fenomeno va compreso come una forma di reazione ad una prima aggressione da parte delle grandi potenze.
La categoria di fondamentalismo esige il medesimo approccio plurale e relazionale. E’ una categoria ambigua, nata negli Usa come autodesignazione orgogliosa di alcuni gruppi religiosi che pretendevano di possedere la verità ed erano pronti a pronunciare accuse o scomuniche contro tutti gli altri, i gruppi eretici o i miscredenti. Anche in questo caso occorre distinguere tra diverse tipologie. E’ ben presente anzitutto un fondamentalismo occidentale, che oggi assume le forme di quel fondamentalismo americano che ha al suo centro il motivo del popolo eletto, del Manifest Destiny. E’ a questo fondamentalismo che reagiscono, in modo spesso speculare, i fondamentalismi culturali cui fanno ricorso i popoli che ancora devono costituirsi come Stato. Mediante questa ideologia, essi arrivano ad esprimere le proprie aspirazioni in modo talvolta fantastico, come nel caso del fondamentalismo della Nazione dell’Islam. In generale, il fondamentalismo islamista è però una forma di reazione al fondamentalismo occidentale e a quello sionista. Ne deriva che la distinzione tra un fondamentalismo provvisto di una base storica ragionevole (quello dei popoli colonizzati e dei movimenti di liberazione nazionale) e un fondamentalismo che esprime un progetto di dominio o è del tutto immaginario (la Lega Nord ovvero certi regionalismi) è un compito aperto e politicamente decisivo. Su questa base, Losurdo può mettere in luce uno dei paradossi della modernità: il discorso universale dei diritti dell’uomo ha spesso trovato la sua formulazione più efficace proprio nel linguaggio fondamentalista e settario dei nuovi “puritani” dell’Occidente, che si atteggiano a popolo eletto da Dio e impegnato a costruire il nuovo Israele.
La categoria di antiamericanismo è quella più direttamente politica, perché attorno ad essa si articolano tutte le altre. Essa consente di denunciare come nemici tutti coloro che formulano giudizi critici nei confronti della politica dell’Impero. Losurdo fa riferimento ai suoi lavori precedenti per mostrare come il culto dell’americanismo rinvii alle origini della repubblica imperiale statunitense, che ha eliminato i pellerossa come razza inferiore e ha a lungo mantenuto i neri in schiavitù o in condizioni di oppressione. Del resto, la missione della difesa e dell’esportazione della democrazia e del mercato capitalistico – i pilastri dell’americanismo - ha sempre comportato forti elementi di razzismo e etnicismo. Non era stato proprio l’industriale americano Ford a trasmettere ai nazisti la tesi della rivoluzione d’Ottobre come complotto ebraico e a preparare così il terreno per la «soluzione finale»?
Losurdo nota infine come, attraverso una serie di singolari vicende ideologiche l’antisemitismo - divenuto impresentabile dopo il 1945 - sia stato sostituito oggi da una forma virulenta di anti-islamismo che appoggia immancabilmente la politica di Israele e da un deciso filo-sionismo. Con ciò, non si dimostra soltanto la labilità e la storicità degli ideologemi, la loro politicità. Siamo soprattutto condotti a ripensare comparatisticamente alle radici dell’antisemitismo e della giudeofobia. Come è noto, mentre la giudeofobia (cristiana ben più che islamica) aveva basi religiose e mirava alla conversione e non già all’annientamento del popolo ebraico, l’antisemitismo moderno è integralmente razzista e carico di pulsioni genocide. Il ghetto e la discriminazione politica e giuridica sono state sostituite nell’Ottocento e nel Novecento da una politica sfociata nell’ebreicidio. Ai giorni nostri si manifesta un fenomeno analogo, ma caratterizzato da un tendenziale rovesciamento di posizioni. Nel promuovere la propria strategia imperiale in Medio Oriente, l’ideologia americana fa del sionismo e dello Stato di Israele il miglior alleato. L’antisemitismo è ormai fortunatamente squalificato e la tradizione ebraica, in precedenza denunciata in quanto «orientale», è stata cooptata nel codice genetico, spirituale e morale dell’Occidente. Quest’ultimo si definisce, adesso, unicamente in opposizione a ciò che è bollato in blocco come un accumulo di barbarie, di violenza, di superstizione: il fondamentalismo = terrorismo = islamismo antioccidentale. Il linguaggio dell’Impero diventa così il linguaggio della guerra santa totale, della guerra di civiltà contro le non-civiltà nemiche. E’ il linguaggio della crociata, impegnato a mobilitare le masse e deciso ad escludere a priori ogni elemento di contraddizione, di discussione, di analisi.
Questa ideologia presenta di solito l’Occidente come fusione armonica di diverse tradizioni culturali: quella greca, quella romana, quella cristiana, quella razionalista e moderna, quella ebraica. In realtà, siamo in presenza di un mito che riposa sulla rimozione delle concrete relazioni che intercorrono tra queste tradizioni. Un mito che cancella o ignora importanti vicende storiche: la cultura romana ha a lungo disprezzato quella greca, mentre la cultura cristiana ha stigmatizzato il paganesimo antico prima di combinarsi in modo contraddittorio con esso. Il razionalismo illuministico ha dovuto combattere a lungo il dogmatismo teologico-politico. L’antisemitsimo, infine, ha infettato sia i cristianesimi storici che certe correnti illuministiche, per non parlare delle correnti razziste... Rimuovendo queste complesse vicende storiche, l’ideologia americana sottopone ad una violenza inaudita la tradizione occidentale. Gli Usa si atteggiano oggi come gli unici eredi legittimi di questo Occidente e delle sue tradizionali campagne di despecificazione e razzizzazione dell’avversario. In tal mondo, viene decisamente negata l’altra anima dell’Occidente, quella della tolleranza, del rispetto delle civiltà e di una loro possibile cooperazione. L’anima rivelata da autori quali Montagne e Diderot, dal cosmopolitismo e dall’internazionalismo, l’anima che è capace di criticare ogni deriva imperialista e genocida.Ormai Losurdo ha portato a termine il suo percorso di decostruzione: l’ideologia imperiale è stata messa nudo e può essere pienamente demistificata. Questo suo libro ci affida con ciò un compito, portandoci sulla soglia di quella che dovrebbe essere l’elaborazione di una concezione del mondo «positiva» nel senso gramsciano del termine, capace di unire universalismo concreto e attenzione per la singolarità del reale. Dopo la pars destruens, è giunto il momento di una pars construens…

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